Il 2020 è stato l’anno della pandemia, che ha investito non solo la vita personale di ognuno di noi, ma anche quella economica, lavorativa e della comunicazione. Ci sono moltissime aspettative per il prosieguo del 2021, ma gli imprenditori in primis hanno imparato molto sulla resilienza e sul reinventarsi per sopravvivere.
Le attività di ristorazione hanno dovuto ripensare all’asporto per restare vicine ai loro clienti, e tutte le altre attività definite non essenziali hanno dovuto spostare sull’on-line (sito web, e-commerce, social) molte attività che svolgevano in presenza.
In quest’ottica perciò molti imprenditori valutano anche un Rebranding dell’azienda, basato anche su una comunicazione visiva, inclusi i colori, più empatica ed in linea con i sentimenti dei clienti.
Il rebranding non è un operazione da effettuare come se fosse una dichiarazione di fallimento, ma di naturale evoluzione dell’immagine aziendale, maturata non solo dall’esperienza ma anche dall’esigenza di essere al passo coi tempi.
Perché quindi non approfittarne ed effettuare un rebranding che tenga conto dei nuovi bisogni comunicativi e di marketing dei potenziali clienti e dei clienti storici?
Se ben si ricorda, alcune multinazionali già dalle primissime settimane della pandemia hanno cambiato il loro approccio, non solo mettendo in onda spot rassicuranti, ma anche rivisitando il proprio segno distintivo per promuovere ed unirsi all’appello delle istituzioni internazionali che invitavano al distanziamento sociale e all’applicazione delle misure di sicurezza. Questa mossa ha aumentato nei consumatori la fiducia in quel brand, che ne è uscito rinforzato.
Perciò le strategie di rebranding devono:
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